La terra di Montalbano
La Sicilia sud orientale è famosa nel mondo per il suo tardo barocco, le cui grandiose forme ne delinearono all’unisono l’aspetto in seguito al devastante terremoto del 1693 che la rase al suolo.
Appena sbarcati all’aeroporto di Catania-Fontanarossa con l’amico Pietro, on the road abbiamo raggiunto una villa sulla costa di Ispica, che è stata la nostra base. Nonostante mi svegliassi ogni giorno praticamente sulla spiaggia e il magnifico Angelo ci accarezzasse il palato con le sue ghiottonerie, ero nel mezzo del ben di Dio e la forza dell’arte mi calamitava appena aprivo gli occhi.
Per riconoscenza all’ospitalità, ho visitato dapprima Ispica, che con la sua storia insignita di passaggi (siculi, greci, romani, bizantini, arabi, normanni, svevi, angioini) è una nicchia di segreti che vale la pena vedere. Scoprirete che ancora accesissimo è l’antagonismo tra le due principali confraternite del paese: cavari e nunziatari sono così rivali da far invidia alle contrade di Siena! A riguardo, imperdibili sono i rituali mistico-religiosi della settimana santa, con processioni, pellegrinaggi e una spettacolare via crucis, così viva da impressionare anche una miscredente come me.
Ai cavari appartiene la chiesa di Santa Maria Maggiore, nata per ospitare il simulacro del Santissimo Cristo alla colonna, qui trasferito dopo essersi miracolosamente salvato dal terremoto.
L’interno, a tre navate, conserva gli affreschi del 1765 del catanese Olivio Sozzi, uno dei più significativi cicli pittorici siciliani del secolo.
Bellissimo anche il loggiato semiellittico, che ricorda in piccolo il colonnato berniniano di San Pietro.
I nunziatari sono legati, invece, alla chiesa della Santissima Annunziata dove conservano la loro effigie.
Qui, dove gli interni sono decorati con gli stucchi riconducibili a Giuseppe Gianforma (1750 ca.), la scultura del Santissimo Cristo con la croce è custodita nell’altare destro del transetto.
Di notte, quando è ravvivata dalle luci, l’esuberanza pietrosa delle sue forme si posa per un po’ negli occhi.
Surreale è stato, poi, scendere nella Cava d’Ispica: una vallata ardua quanto una foresta, al cui interno tra brulicanti greggi ancora si nascondono necropoli preistoriche, catacombe cristiane, oratori rupestri, eremi monastici ed arcane grotte oscure che neppure lo stravagante accompagnatore “Ciccio ‘ra cava” (un indigeno che snocciolava in una lingua arcaica e a tratti incomprensibile piccoli aneddoti avvolti nel mistero) ci ha saputo motivare.
Per approfondire:
https://www.visitvigata.com/settimana-santa-e-pasqua-a-ispica/