La semplicità della montagna che libera la fantasia
L’attuale borgo di Roccamonfina, in provincia di Caserta, ha una storia antica. Forse fondato prima del IV secolo a.C. dagli Ausoni o dagli Osci, nel III secolo d. C. dovette essere una colonia romana.
Il toponimo Rocce Monfini compare per la prima volta in una sentenza del 1171, durante il regno di Guglielmo II, quando già risultava costruito l’originario castello che fu edificato essenzialmente per scopi strategici.
Posto a circa 600 metri di altitudine, all’interno dell’antico omonimo vulcano sulle pendici orientali del Monte Santa Croce, è un luogo ancora autentico che rapisce per la sua bellezza naturalistica e la voce forte in tutte le stagioni. D’inverno cade la neve che ricopre e sottolinea i profili delle cose, ma nelle altre stagioni l’aria fresca e rarefatta spinge ad arrampicarsi a piedi lungo i sentieri, o a cavallo o in mountain-bike sempre a picco su panorami mozzafiato.
Si può inseguire lo scrosciare delle tante sorgenti di acque oligominerali tra i preziosi ciclamini selvatici e le magiche orchidee, o andare alla ricerca nel bosco delle caratteristiche “Neviere”, dove, prima dell’avvento del frigorifero, veniva serbata la neve da utilizzare durante l’estate per conservare gli alimenti. Popolarissima è, infine, la raccolta delle castagne, cui è dedicata durante la prima settimana di ottobre una importante Sagra.
Nel 1993 è stato qui istituito Il Parco Regionale di Roccamonfina-Foce Garigliano, proprio nel cuore della regione Campania, con circa 9.000 ettari di superficie che, oltre a comprendere tutta Roccamonfina e parzialmente Marzano Appio, Conca della Campania, Galluccio, Tora e Piccilli, abbraccia anche Sessa Aurunca e Teano. Attraversato dalla lava incandescente in un tempo remoto, oggi questo luogo è percorso dal fiume Garigliano e ricoperto da una fitta vegetazione, che insieme al castagno e alla quercia svettanti sulle alture, più in basso presenta ulivi, vigneti e alberi da frutta.
Ricco è anche il sottobosco, soprattutto in autunno, quando è popolato da numerose specie di funghi, in primis dal pregiato Porcino. Il parco è liberamente visitabile e così è possibile imbattersi in qualche volpe, o cinghiali, tassi, lepri, faine e tanti altri piccoli mammiferi.
Nel cielo possiamo scorgere il cuculo, il picchio, la civetta, il gufo, il merlo, il corvo, i falchi e le cicogne, insieme ad esemplari rarissimi e di grande interesse, come l’airone rosso.
Roccamonfina e il Santuario dei Làttani
Oltre a recarsi presso la collegiata di S. Maria Maggiore, in località S. Domenico, sorta nell’XI secolo, imperdibile è una visita al Santuario di Santa Maria dei Lattani, meta di continui pellegrinaggi da parte di fedeli e giovani coppie poiché la tradizione locale vuole che da una fontana sgorghi acqua in grado di donare agli sposi tanta fertilità, come testimonia la presenza di numerosi piccoli ex voto.
Roccamonfina e il Santuario dei Làttani
Datato al 1430, come ricorda una lapide fuori alla chiesa, il Santuario sorge a 850 metri d’altitudine.
È stato oggetto nel corso di oltre cinque secoli di numerosi interventi di ampliamento, ristrutturazione e restauro, rendendo questo complesso conventuale largamente stratificato e facendone risaltare, attraverso le diverse fasi costruttive, i periodi di maggiore floridità economica.
Interessanti appaiono soprattutto gli elementi scultorei, risalenti al periodo durazzesco e aragonese del Regno di Napoli, che evidenziano il lavoro di artisti esperti nel taglio e nella cesellatura della pietra, in primis lava e tufo giallo e grigio. Il ciclo pittorico è, invece, meno stimolante e ricorderei solo, per motivi storici, gli affreschi con scene della vita di San Francesco e di altri santi francescani, realizzati sulle pareti perimetrali del chiostro dal frate del convento Tommaso da Nola tra il 1630 ed il 1637.
Per me che ho un debole per gli eremi, quelle punte di terra a picco sul paesaggio e a due passi dal cielo dove i monaci per secoli hanno cercato la pace per le loro abbazie, l’aria leggera e fresca, i profumi del bosco, gli animaletti selvatici, i volatili in via d’estinzione dentro il silenzio del vento sono una specie di miracolo; soprattutto in estate-autunno, quando vi invito anche a provarne la cucina tipica, dove troneggiano il fungo Porcino, i formaggi al profumo di erbette locali, il tartufo e, naturalmente, la castagna, la cui varietà “Tempestiva” è rinomata in tutta Europa.
“I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi”
Johann Wolfgang von Goethe