Non vi racconterò solo della bellezza di Capri. Quella la conoscono tutti.
Capri è una storia raccontata mille volte che sa di passato, di imperatori, di cinema, di artisti che la scelsero per concentrarsi nel silenzio.
Capri è il mio tempo bello, dove ogni tanto devo tornare a respirare. Non è una vacanza, è un risveglio, un appuntamento sentimentale. È sentire che il tempo passa senza badare alla tristezza. Un posto anche malinconico, ma capace di riaccendere la forza motrice della vita.
L’isola è un luogo molto desiderato, celebrato, chiacchierato, un mito letterario e cinematografico, che in tante occasioni ho trovato ingombrato di turisti, anche maleducati, spacconi, volgari. È il lusso che nessuno vuole perdersi. Anche io, a modo mio, cercandolo in verticale verso il cielo, sui motorini a noleggio per le stradine che si arrampicano in salita, nei paesaggi che levano il fiato e nel buio sotto le stelle. O protetta dalla frescura di una quercia, nella luce oro del sole che spezzetta il mare mosso e trascina nell’azzurro e nel bianco delle case e del cielo.
Il mare è un tripudio di sfumature di verde e di blu, bellissimo, ma non facilmente accessibile.
La piazzetta, straripante e salottiera, dopo cinque minuti mi ha già annoiato, con tutta quella bella gente arrivata per incontrarsi e procurarsi sguardi.
Da lì comincia lo spazio dedicato ai compratori compulsivi, lungo le vetrine di Via Vittorio Emanuele e in particolare di Via Camerelle, che partendo dalla piazzola del Grand Hotel Quisisana procede dritta sino all’inizio di via Tragara.
Date un’occhiata alle boutique dei maggiori brand, e non trascurate i tipici negozi capresi. Unici quelli dei celebri sandali fatti a mano, dove per averne un paio esclusivo basterà entrare in bottega, scegliere la tipologia di fascette e farvi misurare il piede. Jackie Kennedy ne andava pazza e si racconta che facesse aprire solo per lei a notte fonda.
Se avete fiato, allungatevi fino alla Villa Iovis, costruita nel I sec. d. C. sull’estremo promontorio est dell’isola, dove l’Imperatore Tiberio si ritirò a vita privata. Gli scavi eseguiti nel 1935 hanno portato alla luce un vasto edificio, che gravita intorno ad un grande quadrilatero centrale in cui sono collocate cisterne. Si accede al palazzo attraverso delle rampe che salgono al cosiddetto viale dei mirti. Da lì potrete spingervi in una vista infinita che da nord si allunga fino al Golfo di Napoli, con Ischia e Punta Campanella, e da sud affaccia sul centro di Capri.
Ma soprattutto andate a cercare le emozioni uniche, lo sguardo a perdita d’occhio dalla seggiovia di Anacapri, il comune più esteso dell’isola. Non perdetevelo per nessun motivo: l’atmosfera è più calma, il clima è più fresco ed un intrecciarsi di “vicarielli” all’ombra di bouganville e lantane nasconde bellezze meno conosciute o conosciutissime, che è arrivato il momento di vivere.
È da qui che parte la seggiovia che conduce alla vetta del Monte Solaro (589 m), un’esperienza che sembra banale ma che regala il cielo tra le dita stando sospesi sul mare. Dal monte, con le scarpe giuste, si può poi scendere anche a piedi.
Sempre ad Anacapri, percorrendo via Pagliaro, scendendo una rampa di gradini si può raggiungere una barca per visitare la celebre Grotta Azzurra.
Ci sono stata una sola volta, di recente. L’acqua era alta e l’accesso sembrava poco più di un buco stretto: la paura mi ha come asfaltata sulla barca. Temevo l’uscita ma una volta entrata ho dimenticato di doverlo fare.
Dentro è tutto buio, barchette varie t’incrociano, qualcuno intona “O sol mio” nell’eco della grotta mentre l’azzurro-turchese si propaga sopra ogni cosa e tu scivoli avanti come nelle favole.
Al tramonto non mancate all’appuntamento con il Faro a Punta Carena, acceso la prima volta nel 1867, il più grande d’Italia dopo quello di Genova. Che dirvi? La freschezza dell’età vi inonderà gli occhi e vi risentirete ragazzi, se non lo siete più, sorseggiando uno spritz sulle rocce terrazzate a picco sul mare.
Ancora ad Anacapri, da non perdere la Chiesa di San Michele Arcangelo. Eretta tra il 1698 e il 1719, rappresenta uno degli esempi più significativi dell’arte settecentesca napoletana.
Il progetto della chiesa è dell’architetto Antonio Domenico Vaccaro, presenta una pianta ottagonale a croce greca, coperta da una cupola. Degno di memoria è l’altare maggiore, donato dal principe di San Nicandro nel 1761. È realizzato dal mastro marmoraro Agostino Chirola con marmo bianco, intagli di marmo pregiato e pietre dure.
Ma il capolavoro è certamente il pavimento maiolicato che rappresenta La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, realizzato dal maestro riggiolaro Leonardo Chiaiese.
Da guardare anche i dipinti: in particolare La Natività firmata da Giacomo Del Po e un’Annunciazione di Paolo De Matteis, allievo di Luca Giordano.
Divertente può essere una visita alla Casa Rossa, interamente in rosso pompeiano, che ospita una mostra permanente di dipinti che ritraggono Capri e Anacapri tra l’Ottocento e il Novecento insieme a una collezione di reperti archeologici rinvenuti nella Grotta Azzurra. È una delle costruzioni più singolari dell’Isola, costruita accanto a un’antica torre quattrocentesca tra il 1876 e il 1899, dall’eccentrico colonnello John Clay MacKowen, ricco cittadino di New Orleans.
Se improbabilmente dovessero essere sfuggiti allo sguardo, non andate via dall’isola senza aver cercato immersi nel mare i mitici Faraglioni, Stella, Faraglione di mezzo e Faraglione di fuori, i nomi dei tre celeberrimi picchi rocciosi che fanno da eterni guardiani all’isola più famosa del mondo.
Mangiate il pesce, alla griglia o al forno, che a Capri è un must, e non perdetevi gli scialatielli alle cozze e i ravioli capresi con pomodorini, una fetta di caprese e il limoncello. Anche la cucina è davvero squisita.
Neruda vi approdò nel 1952, in fuga dal Cile per il suo attivismo politico di comunista e per la sua opposizione al governo del paese, in compagnia della cantante Matilde Urruti. Il loro amore sull’isola crebbe a dismisura e non riuscirono più a separarsi.
A Capri basta muovere un passo per cambiare del tutto la prospettiva.